Nell’orbita di Giove. L’astrofisico Balbi: “A Juno chiediamo di sorprenderci, per capire il nostro sistema solare”

Jul 05 2016
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Dopo cinque anni di viaggio la sonda Juno è entrata nell’orbita di Giove ed è pronta per esplorare il più grande pianeta del sistema solare. Ne abbiamo parlato con Amedeo Balbi, astrofisico e autore del libro “Dove sono tutti quanti?” (Rizzoli), un viaggio colto e fresco “tra stelle e pianeti alla ricerca della vita”

Per la Nasa è la “cosa più difficile mai realizzata”. È così?

Non so se è stata veramente la cosa più difficile, ma certamente è stata molto difficile. Intanto perché Giove è parecchio massiccio, e manovrare in un campo gravitazionale così potente non è uno scherzo. Fino a oggi solo un’altra sonda, la Galileo, ha orbitato attorno al pianeta, ma a distanza di sicurezza, diciamo così. Juno si avvicinerà molto di più, fino quasi a sfiorare (relativamente parlando) gli strati superiori della sua atmosfera. Per entrare nell’orbita nella maniera giusta ha dovuto fare una bella frenata, dopo che la gravità del pianeta lo aveva accelerato fino a circa 250000 km/h rispetto alla Terra, una delle velocità più alte mai raggiunte da un mezzo costruito dall’uomo. Poi c’è il problema dell’ambiente estremamente ostile che circonda Giove, sia dal punto di vista del campo magnetico e delle radiazioni, che da quello dei detriti e polveri che possono danneggiare la sonda.

Cosa ci si aspetta da questa missione? Ci sarà spazio per sorprese?

Ci sono sempre sorprese quando studiamo la natura in modo nuovo, soprattutto se non sappiamo molto dell’oggetto di studio, come nel caso di Giove. Potrà sembrare sorprendente, ma quello che succede all’interno del pianeta lo abbiamo finora in larga parte ipotizzato solo in base a modelli, e ci sono molte cose da chiarire. Per esempio, non sappiamo se Giove ha un nucleo solido o no. Inoltre vorremmo capire meglio la composizione dei vari strati gassosi del pianeta, cosa che servirà a chiarire come si è formato. E capire come si è formato Giove è importante per capire come si è formato il sistema solare. Insomma, c’è veramente tanto da capire.

La sonda è a rischio pioggia di radiazioni generate dal campo magnetico di Giove?

Sì, le radiazioni sono un problema, ma Juno è stata costruita apposta per sopportarle. Gli strumenti e le componenti elettroniche più delicate sono schermate da uno strato di titanio spesso oltre un centimetro. Oltre a essere protetta da questa corazza, la sonda orbita passando attraverso i poli del pianeta, su un percorso pensato per evitare le radiazioni più intense.

Nel tuo libro arrivi a ipotizzare possibilità di vita su Europa, uno dei satelliti di Giove, “grande poco meno della nostra Luna, completamente ricoperto dai ghiacci”. La missione di Juno darà qualche risposta in tal senso? Aiuterà a scoprire l’oceano nascosto di Europa o è soltanto propedeutica ad altre missioni in grado di violare l’avvertimento di Hal9000 in 2010: Odissea 2: “tutti questi mondi sono vostri, a eccezione di Europa. Non provate ad arrivare li”.

No, Juno è stata pensata per studiare Giove. Non si occuperà dei suoi satelliti e quindi, purtroppo, neanche di Europa. Però ci sono già in preparazione missioni che invece si concentreranno soprattutto sulle lune: Juice, dell’ESA, dovrebbe partire negli anni ’20 per studiare proprio le lune ghiacciate, mentre sempre a metà di quel decennio dovrebbe esserci un’altra missione della NASA dedicata in particolare proprio a Europa.

C’e’ molta Italia nella missione. Due dei nove strumenti a bordo sono di fabbricazione italiana…

Infatti: lo strumento che studiando la gravità del pianeta cercherà di mapparne la struttura interna ha come guida Luciano Iess della Sapienza di Roma ed è stato costruito da Thales Alenia Space Italia, mentre lo strumento che studierà gli strati superiori dell’atmosfera è stato fabbricato dall’ Istituto Nazionale per l’Astrofisica (INAF) e dalla Selex-Galileo Avionica, e aveva come guida Angioletta Coradini, purtroppo scomparsa nel 2011.

Marte, Rosetta, le onde gravitazionali, ora Juno su Giove… Stiamo assistendo a un rinascimento delle esplorazioni spaziali? Siamo tornati al ventennio d’oro degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso?

È sicuramente un periodo entusiasmante per l’esplorazione spaziale, e oltre a quelle nominate ci sono ancora molte altre cose che bollono in pentola – pensiamo per esempio alla missione ExoMars, che arriverà su Marte alla fine dell’anno per cercare possibili tracce di vita microscopica. Quindi direi di sì, è un buon momento per guardare verso orizzonti lontani, magari anche per mettere in prospettiva certe meschinità del nostro piccolo mondo.

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